Zambia, Bolivia, Cile e Albania, ecco la vicenda delle gelaterie artigianali nate dall’intuizione di un missionario della Comunità di Don Benzi e due imprenditori italiani. Una raccolta di fondi per sostenere le mense solidali

A Ndola, seconda città dello Zambia, c’è una gelateria dove spunta un sorriso. Paul Kahoma, 29 anni, lavora alle creme, ai dolci, alle torte. «Quando ero in strada mangiavo solo se qualcuno mi dava qualcosa, altrimenti restavo a stomaco vuoto – racconta –. Avevo 14 anni quando mi hanno preso in comunità. Ora mi sono appena sposato e quando penso al futuro dei miei figli so che andrà tutto bene».

Un lavoro, per chi non ha nulla, è la speranza del tutto. Un lavoro nella produzione alimentare, per chi per anni ha sofferto la fame, è la storia di una rivincita umana che parla di dignità. È la storia di Paul, simile a quella di un centinaio di ragazzi di strada che in Africa e Sudamerica sono passati per le case di accoglienza della «Papa Giovanni XXIII», la comunità fondata nel 1968 da don Oreste Benzi, e che hanno trovato un’opportunità di onesto lavoro grazie alle gelaterie artigianali del progetto «Gigi Bontà».
Nato nel 2005 da un’intuizione di Moris Bertozzi, missionario in Bolivia (poi tragicamente scomparso durante un’ondata di maltempo che ha colpito il Paese nel 2008, travolto dalla piena del fiume Wilakota, a La Paz, mentre attraversava un ponte con la sua autovettura), è diventato realtà grazie all’incontro tra la «Fondazione Gigi Tadei» (il figlio, scomparso, dell’imprenditore riminese Vittorio Tadei), che ha fornito in prestito il capitale di startup delle attività, e la «Fugar», azienda che produce semilavorati e ingredienti per gelaterie e pasticcerie, e che ha messo a disposizione in maniera gratuita la strumentazione e tutti i prodotti base per fare il gelato e il personale specializzato che viaggia per formare i ragazzi sul posto.

La prima gelateria è stata aperta in Bolivia, dove poi ne sono arrivate altre due, dando lavoro a 50 giovani. Ne è stata poi realizzata una in Cile, e un’altra in Albania, a Scutari. Ben sei sono state aperte in Zambia, dove lavorano 50 persone. L’ultima inaugurazione è dello scorso luglio, nella città di Kitwe. «Alcuni dei ragazzi che lavorano qui hanno un passato difficile, alcuni sono orfani, altri vengono da situazioni familiari molto complicate», dice il responsabile del locale, Marco Pezzoli, 30 anni, italiano, arrivato in Zambia durante il servizio civile: «Ma adesso imparano un mestiere che potranno spendere anche all’esterno».

Le gelaterie di «Gigi Bontà», in Zambia, si inseriscono nel più ampio progetto Cicetekelo («speranza», in lingua locale), avviato dalla Comunità anni fa per accogliere bambini e ragazzi di strada e dare loro la possibilità di completare le scuole. Nel centro di Ndola è stato avviato un laboratorio di 300 metri quadrati, diretto da uno degli stessi ragazzi aiutati dal progetto, che funziona come una vera e propria scuola di formazione in cui si studia per diventare gelatai. Altri ragazzi imparano a coltivare la terra e producono la frutta che poi viene utilizzata come ingrediente per i gelati. «I nostri laboratori artigianali lavorano con materiali ed attrezzature italiane di alta gamma e, grazie ai prodotti e alle materie prime che utilizziamo, otteniamo un gelato di ottima qualità – dice Gianpiero Cofano, coordinatore del progetto – . In Zambia, così come in Bolivia e in Cile, Tripadvisor ci identifica come il miglior gelato del luogo». E le gelaterie fruttano guadagni: producono utili per numerose decine di migliaia di euro, che, al netto degli stipendi e delle spese, vengono reinvestiti nei progetti di accoglienza da cui provengono i giovani svantaggiati che vi lavorano.

Alcuni dei ragazzi dell’ultimo anno di formazione arriveranno a gestire direttamente delle gelaterie in via autonoma. «Per questo abbiamo bisogno di nuovi fondi, utili ad aprirne di nuove – aggiunge Cofano – . Il sogno è arrivare ad avere una catena di cento gelaterie nel mondo nel giro di qualche anno». L’occasione per dare una mano la offre l’iniziativa «Aggiungi un Pasto a Tavola», con la quale la Comunità torna nelle piazze di 300 città italiane, e di dieci Paesi all’estero, nel trentennale della prima esperienza di missione in Zambia (1985). Per sostenere le 41mila persone che ogni giorno siedono nelle tavole delle oltre 500 case e realtà di accoglienza in Italia e nel mondo, nel weekend del 26 e 27 settembre si potrà lasciare una donazione nelle oltre mille postazioni appositamente predisposte (sul sito www.unpastoalgiorno.org l’elenco completo), ricevendo in cambio una confezione di pasta, che, chi vorrà, potrà lasciare alle associazioni vicine ai più poveri o ai pacchi alimentari per le famiglie in difficoltà.

Articolo pubblicato su La Stampa  - 27-09-2015




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